Birra Porter: nascita e storia dello stile

La patria delle birre scure è sicuramente il Regno Unito: i britannici sono da sempre specialisti dell’essiccazione del malto a fiamma libera, che dona alla bevanda un bouquet di sfumature brune, fino a raggiungere il colore nero.

Fino al XVII secolo, la divisione tra le diverse tipologie di birra non si faceva in base al colore, ma in base alla provenienza geografica, oppure a differenze durante la fase produttiva.

Nel Regno Unito esistevano fondamentalmente due stili distinti: le Ale più tradizionali, prodotte con utilizzo minimo di luppolo, morbide e maltose, e le Beer, spiccatamente amare, antenate delle IPA.

Grazie all’introduzione dei forni a getto d’aria per l’essiccazione del malto, dopo la metà del 1600 si sviluppa un nuovo stile. Questi forni consentivano di regolare più precisamente la temperatura di esercizio, dando la possibilità di produrre birre molto più chiare, definite Pale Ale.

Il maggior costo di produzione rese care le Pale Ale, che vennero ribattezzate Twopenny, poiché questo era il prezzo di una pinta al banco.

Mentre la nuova Pale Ale stava spopolando, i produttori di birre brune cominciarono ad entrare in crisi profonda.

Per contrastare l’avanzata delle chiare, i birrai più tradizionali sperimentarono nuovi metodi produttivi: alcuni prepararono Brown Beer ancora più luppolate, per soddisfare la voglia di amaro degli appassionati; altri si specializzarono nella maturazione in botte di legno, donando alla birra note vinose e acide.

La nascita delle birre Porter

Porter

Durante il XVIII secolo, il porto fluviale di Londra era il più grande al mondo e dava lavoro ad un’imponente numero di facchini, definiti “Porters”.

Per poter guadagnare anche da questi lavoratori, perlopiù sfruttati e sottopagati, i pub inglesi dovettero inventare una bevanda economica e appetibile.

Si diffuse quindi la moda di servire cocktail birrari, cioè miscele di diversi tipi di birra: per le classi meno abbienti era l’unico modo per assaggiare la nuova e costosa Twopenny.

Era compito del publican fare la miscela al banco: spillava direttamente nel bicchiere ⅓ di Small Beer (Beer leggera), ⅓ di Stale (Ale invecchiata in botte) e ⅓ di Twopenny (Pale Ale forte).

La “nuova birra” aveva diversi punti di forza:

  • era ben luppolata;
  • era economica;
  • presentava una nota acidula, molto apprezzata dal popolo britannico.

Leggenda vuole che, nel 1722, Ralph Harwood evitò ai publican la miscelazione delle tre birre al bancone, mischiando i diversi mosti direttamente in fase di produzione.

Il liquido ricavato finiva in un’unica botte e, con il passare del tempo, prese il nome di “Porter”, dato lo stretto legame con gli scaricatori di porto.

Nel 1817 la ricetta originale venne modificata, in seguito all’introduzione sul mercato del malto Black Patent, torrefatto e capace di rendere la birra molto scura.

Tra i maggiori birrifici che utilizzarono il nuovo malto ci fu l’irlandese Guinness, capace di creare una Porter più rotonda e cremosa della versione precedente, almeno fino al 1973, anno in cui smise di produrla.

Le cause furono molteplici:

  • le grandi guerre e le crisi spinsero i birrifici ad una taglio dei costi, mediante la ricerca di metodi di produzione alternativi;
  • i consumatori cominciavano ad avere gusti diversi, preferendo birre moderne e più amare.

A far rinascere questo stile ci hanno pensato in tempi moderni gli Stati Uniti, grazie al movimento Craft, e il Regno Unito, tramite la costituzione del “Camra” (Campaign for Real Ale), un’associazione indipendente di volontariato, che ha lo scopo di promuovere la birra e i pub britannici tradizionali.

Differenze tra Porter e Stout

La parola Stout era utilizzata fin dai primi anni del 1700 per indicare tutte quelle birre che avevano in comune una certa robustezza.

Con la nascita delle Porter, l’aggettivo “Stout” venne usato per indicare versioni alcolicamente più forti delle Porter, le Porter Stout.

Nel corso del tempo, tuttavia, il termine venne ridotto in Stout.

Sebbene oggi non vi siano sostanziali differenze tra questi due stili, originariamente le Stout erano più scure, tostate e amare delle Porter.

Hasta la Birra!

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Birramisù: ecco la ricetta!

Uno dei dolci italiani più conosciuti e apprezzati è il tiramisù. Altrettanto degna di nota però è la variante fatta con la birra, il birramisù appunto!

Questo dolce al cucchiaio piace davvero a tutti, anche a chi non ama particolarmente la birra.

La sua preparazione è molto semplice e praticamente uguale a quella del tiramisù. Unica differenza, la birra al posto del caffè.

Birramisù, la ricetta

La ricetta del birramisù

Per preparare il birramisù occorrono:

  • 3 uova
  • 250g di mascarpone
  • 70g di zucchero
  • Savoiardi
  • cacao in polvere
  • una birra da 33cl

Il primo passaggio consiste nel separare i tuorli dagli albumi, che devono essere montati a neve.

Successivamente bisogna unire lo zucchero ai tuorli e mischiarli fino a farli amalgamare completamente, per poi aggiungere il mascarpone e mescolare il tutto fino ad ottenere una crema senza grumi.

A questo punto è il momento di aggiungere 1/3 della birra – tenendo da parte quella avanzata – e gli albumi precedentemente montati.

Via con il primo strato di Savoiardi! Consigliamo di bagnarli nella birra che avevamo lasciato da parte ad uno ad uno, prima di inserirli nella pirofila e ricoprire il primo strato con la crema.

A seconda delle dimensioni della pirofila, queste quantità vi consentiranno di realizzare due o tre strati.

Una volta terminato, mettiamo il birramisù in frigorifero. Ricordiamo che il cacao in polvere va aggiunto soltanto un attimo prima di servire il dolce al cucchiaio!

Quale birra usare nel birramisù

Nella preparazione del birramisù vanno assolutamente vietate le birre molte amare, nelle quali prevale il luppolo. Ok invece a tutte le birre dolci e aromatiche, tostate e torrefatte, chiare o scure che siano.

Hasta la Birra!

Birrificio L’Olmaia Montepulciano

Quando si fa una vacanza in Toscana, la tappa in Val d’Orcia è d’obbligo.

Dopo una mattinata passata tra i saliscendi e le bellezze di Siena, ci siamo messi in auto lungo una strada che difficilmente dimenticheremo: i colori delle colline, il paesaggio da cartolina, le fortezze secolari a guardia di paesini colmi di arte…

Insomma un viaggio da sogno che consigliamo di fare a tutti, almeno una volta nella vita!

Lungo la Val d'Orcia
Lungo la Val d’Orcia

Ci siamo così decisi di sostare a Montepulciano, sempre in provincia di Siena, un paesino ricco di storia e di cultura.

È collocato su una collina tra la Val d’Orcia e la Valdichiana, racchiuso da tre cerchia di mura, ed è circondato da vigneti, dai quali si ricava il famoso Vino Nobile di Montepulciano DOCG.

Alcuni ritrovamenti indicano la nascita di questa cittadina durante il periodo degli Etruschi, nel IV secolo a.C.

Tra gli elementi di rara bellezza che abbiamo ammirato durante la nostra sosta a Montepulciano, possiamo indicare la Fortezza, la Piazza Grande, circondata dal Duomo e da Palazzi di notevole interesse storico, e la Chiesa di San Biagio.

Vista mozzafiato da Montepulciano
Vista mozzafiato da Montepulciano

Inoltre è da menzionare assolutamente il panorama, al quale si può assistere dalla cima di Montepulciano: da un lato è possibile vedere uno scorcio della Val d’Orcia, con le sue colline color ocra e verde pastello; dall’altro la Valdichiana, più pianeggiante, che si estende per chilometri oltre il lago Trasimeno, fino a intravedere Perugia.

Nella vicina frazione di Montepulciano, a Sant’Albino, è situato il Birrificio L’Olmaia, dove è possibile avere una degustazione nell’adiacente Tap Room.

Nato nel 2004 in un Casale della Val d’Orcia, dal quale prende il nome, questo birrificio produce ben 6 tipologie di birra artigianale, non pastorizzata, non filtrata e rifermentata, sia in bottiglia che in fusto.

Birrificio L'Olmaia Montepulciano
Birrificio L’Olmaia Montepulciano, tutte le birre prodotte

Essendo curiosi di provarle tutte, abbiamo acquistato il six pack, 6 bottiglie da 33cl. Per il momento ne abbiamo provate 3: la BK, La 5 e la Starship.

La BK è una Stout scura, dalla schiuma cremosa. Il profumo ha note di cacao amaro e di tostato, mentre il sapore rimanda al caffè e alla nocciola caramellata, con un finale di liquirizia.

La 5 è il grande classico del birrificio L’Olmaia Montepulciano, infatti viene prodotta dal 2012.

Si tratta di una Golden Ale dalla schiuma candida e persistente. Il profumo è erbaceo con sentori di miele. Il gusto prettamente dolce diventa un poco amaro sul finale, grazie alla presenza del luppolo Saaz.

Una birra chiara e beverina ma con molta personalità, che ogni bar dovrebbe servire.

Terza, ma non per importanza, la Starship. Una bitter dal colore ambrato, tendente al nocciola.

I luppoli inglesi, meno dominanti e floreali degli americani, donano alla bevanda un gusto amaro per nulla invadente, grazie al dolce contrasto del malto che regala un retrogusto di nocciola.

Al naso prevale un profumo erbaceo.

Birrificio L'Olmaia Montepulciano six pack
Birrificio L’Olmaia Montepulciano six pack

Siete in cerca di posti da favola, dove poter scattare delle foto ricordo uniche e assaggiare la tipica e buona cucina toscana? La Val d’Orcia fa sicuramente al caso vostro!

Per rendere il vostro viaggio ancor più indimenticabile, scegliete una birra artigianale e l’ospitalità del birrificio L’Olmaia.

Birrificio L'Olmaia Montepulciano
Birrificio L’Olmaia Montepulciano

Hasta la Birra!